| Boscaioli al lavoro |
Narrazioni: | La vita del boscaiolo
Il mestiere del boscaiolo era diffuso tra gli abitanti della Valle Cannobina; i fianchi dei monti brulicavano di giovani e meno giovani che tagliavano, segavano, accatastavano e di altri addetti ai fili per il trasporto a valle di tronchi e fascine. Di fili per il trasporto a valle della legna ve n’erano anche nella zona dell’arco del Sempione. Il trasporto con il filo era comodo era comodo ma non molto sicuro: più di venti boscaioli hanno perso la vita lavorandoci vicino.
I tronchi più grossi, quando non esistevano ancora macchine adatte a segarli in loco, venivano trasportati a valle facendoli scivolare lungo dei canaloni rocciosi detti “ciodè”. Qualcuno è ancora visibile sopra l’orrido di Sant Anna e nei pressi di Socraggio.
Una volta giunta al fondovalle, la legna veniva accatastata in attesa di essere caricata sui carri. Questi, di struttura rudimentale, che comparvero solo nel primo dopoguerra, portavano venti o trenta quintali di legna.
I boscaioli trascorrevano sui monti l’intera settimana cibandosi di polenta, stracchino, uova, bevendo vinello nostrano, dormendo la notte nelle baite dopo aver cantato qualche canzone.
Tipi di boschi e loro sfruttamento
In Valle Cannobina i boschi più estesi, fino a 1500 metri di quota, sono le faggete. Più in basso dominano, invece, il castagno, il frassino, la betulla, il rovere, ed altro ancora.
I boschi cedui di faggio si tagliavano ogni 15-25 anni e fornivano legno da ardere e per la produzione di carbone. Col legno di faggio si facevano anche madie, arcolai, appendipanni, sedie, zoccoli. Il faggio veniva sfruttato non solo per il suo legna, infatti dai semi si ricavava dell’olio e le foglie secche servivano per imbottire i sacconi dei letti detti “bisache” e come strame nelle stalle.
I boschi più estesi, situati nella parte alta della valle, erano, e sono, comunali; mentre quelli più bassi sono prevalentemente privati.
Le norme per il taglio dei boschi erano severe. I lotti di vendita dovevano essere preventivamente segnalati, come si fa ancora oggi, al Corpo Forestale che fissava le dimensioni del lotto da tagliate, martellava le matricine da lasciare per la riproduzione e indicava le specie legnose da salvaguardare.
Il Corpo forestale fissava anche l’inizio e l’ultimazione dei lavori di taglio. Talvolta le piante da non toccare si segnavano con la vernice.
Gli attrezzi del boscaiolo
Gli attrezzi del boscaiolo erano l’accella, il segone per i tagli trasversali, la sega (resiga), il sappino (sapin), la roncola (falò or) e la lima (triangul or). Per il taglio longitudinale si usava una sega lunga due metri (trentin) e posta in mezzo a un telaio e veniva azionata da tre uomini.
Le braccia, le gambe e i piedi dei boscaioli (buratt) come pure le spalle e le mani, venivano sottoposte a terribili sforzi ed è per questa ragione che il mestiere del boscaiolo era riservato a gente forte e coraggiosa.
I luoghi dei boschi
A Cavaglio i boschi dove si poteva tagliare il legname erano: Napianca, Lavarnone, Serta, Roveda, Cruscina, Rovassa, Culman e altri intorno al paese.
A Falmenta i boschi più estesi erano quelli del Marisg, Mazzarocco, Valdo, Mugnè, Val da cor, Testa di Barro, Mederbè, Biuse, Mariac, Larec, Sasso, Brabna, Lava (Crealla)
A Gurro i boschi più estesi erano quelli di Spundal, Pignulat, Lidesc, Valm. Il bosco di Spundal è stato tagliato le ultime volte nel 1912 e nel 1938. |
Bibliografia: | AAVV Conoscere la Valle Cannobina La moderna editrice, Novara 1977
AAVV Usi e costumi delle genti cannobine La moderna editrice, Novara 1979
AAVV Luoghi non tanto comuni. Cannobio, il suo lago, la sua valle. Casale Corte Cerro 1985
Bergamaschi C. La vita quotidiana in valle Cannobina nell’ultimo secolo Alberti Editore, Verbania 1997. |
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