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I noci e le noci in Valle Cannobina Nella povera economia rurale della Valle Cannobina, il noce costituiva un albero molto prezioso sia per il frutto sia per il legname. Per questo era molto diffuso: a Cavaglio lo si trovava negli alpeggi di Aurone, Lavarnone, Cruscina, Lapianca, Rovassa e Pallada; a Falmenta negli alpeggi di Cheggio, Gerbia, Piazza, Mede, Calagnone, Vera; a Gurro nelle campagne e nei boschi piů bassi del paese: Cundisc, Mogia, Mulinat, Margun, Niv, in Biaca, ecc.
I frutti Le noci si perticavano (sko) in autunno, quando il mallo (koya) si spaccava. Si seccavano sui pianerottoli in legno delle case e sulle lobbie. A Cursolo era abitudine rompere le noci, per ricavare i gherigli, la sera recitando il rosario. Con una parte delle noci si faceva un ottimo olio (oli da nůs): si estraeva il gheriglio (detto bun a Gurro, Spoccia e Crealla) e si scaldava in un recipiente; poi si avvolgeva in un panno di lana o filo bianco di canapa e si spremeva il tutto nel torchio, che a Gurro si trovava a Cunděsc. Lo scarto o pannello (muscěga a Falmenta e panala a Gurro) si dava generalmente alle bestie. L’olio di noci serviva come condimento, per fare la “pulenta cunscia” (cioč la polenta mantecata con l’olio) e per il lume ad olio. Il legno Il legno veniva usato nei paesi per costruire mobili, cassettoni, credenze e, soprattutto, la “cassa” per la biancheria, che faceva parte del corredo della sposa. Le assi si ricavavano segando longitudinalmente i tronchi con grandi seghe (trentěn) manovrate da due o quattro uomini. Le borre vendute venivano trasportate a Cannobio sui carri e il ricavato della vendita era uno dei proventi in denaro delle famiglie della valle | |||||
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A cura di: Daniela Boglioni |
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