Il Mulino di Cossogno Le ruote idrauliche sono comparse per la prima volta in epoca romana, senza grande successo, ad opera dell’ingegnere Vitruvio, pochi anni prima della nascita di Cristo, quando a muovere la pesante macina di sasso erano gli schiavi.
Fu, invece, nel medioevo che crebbero notevolmente gli impianti: la diminuzione della popolazione e della manodopera servile, i cambiamenti produttivi, spinsero i mulini a diventare universali, dapprima proprietà delle signorie e poi, col disgregarsi del sistema feudale, il mugnaio diventò il nuovo mestiere.
L’attività molitoria era ritenuta di interesse pubblico e i comuni operarono scelte diverse: talora ereditando diritti signorili, talora cercando di acquistarli dai privati. I mulini, simbolo dell’operosità montanara e della fatica del vivere quotidiano, costituirono una vera e propria rivoluzione per l’uomo moderno. |
Periodo ottimale per la visita: | Tutto l’anno. |
Tasso di difficoltà | Turistico | Descrizione | |
Tempo necessario per la visita: | 15 minuti, in automobile, da Verbania Intra, alcuni minuti a piedi, lungo il sentiero, poi, il tempo necessario per la visita. |
| Il frantoio del mulino di Cossogno. |
| La macina rotante del mulino di Cossogno. |
| L'interno del mulino di Cossogno. |
| L'edificio che ospita il mulino di Cossogno. |
Descrizione specifica del manufatto: | L’edificio è composto da una pianta rettangolare di dimensioni contenute, con pareti perimetrali costruite con sassi e pietre locali, in parte legati da calce e malta. I locali interni, interessati ai macchinari sono due: uno contenente il mulino vero e proprio con due tramogge, due macine rotanti, due fascere o scorbazze, due dormienti, ecc.poggianti su un grosso pianale o pulpito che a sua volta poggia su ritti di pietra (serizzo), poi ancora due volani che agiscono sui balestri e un argano rotante in legno con i semicerchi in ferro per sollevare la mola superiore. L’argano è posto al centro delle due macine e poggia anch’esso sul pulpito.
Nell’altro locale, meglio conservato del precedente, è posto il frantoio usato per la pesta della canapa, della frutta, delle olive, delle noci.Un mastodontico meccanismo costituito da lubecchi in legno, ancora ben conservati, consente il movimento della mola messa verticalmente al piano del dormiente. |
Aspetti storici: | Lo sfruttamento delle acque del
San Bernardino e dei suoi affluenti, per fini energetici, è antico e il primo documento che testimonia l’esistenza di mulini ad acqua è rappresentato dagli «Statuta Burgi Intri, Pallantiae et Vallis Intraschae» promulgati da Gian Galeazzo Visconti nel 1393 (in particolare tale energia era dapprima usata per le segherie e, poi, a partire dall’800 per i cotonifici).
I mulini erano ricordati per il nome del proprietario:Il “mulin d’Camill” così era chiamato il Mulino di Cossogno.
Per mulino si intende sia la macchina per fare farina, che, per estensione, anche l’edificio in cui essa si trova.
Nella zona esistevano sette mulini alimentati dalla sorgente che proveniva da Ungiasca di cui, oggi, è testimonianza il lavatoio appena sopra le condotte che portano l’acqua alla centrale di Ramolino.
Nella valle di Ramolino è conservato questo mulino, uno degli esemplari più belli del Verbano e fra gli ultimi ad andare in pensione alla fine degli anni ’60. Il mulino, di proprietà privata, è stato risistemato dal Comune di Cossogno, con il contributo della Comunità Montana Val Grande, per divenire centro di visite culturali e turistiche.Nel primo locale e conservato il frantoio per le noci (veniva anche usato per la canapa, la frutta, le olive), il materiale pressato dalla grande macina, veniva scaldato in una caldaia e poi messo sotto il torchio, l’olio così prodotto serviva come alimento, mentre lo scarto (panela) era un’ambita delizia. Nella stagione delle noci il frantoio lavorava ininterrottamente per un mese, periodo per il quale era richiesta l’autorizzazione. La torchiatura delle noci non si poteva prenotare quindi, “i clienti” (donne, uomini e bambini), provenienti dalle
località viciniori (Rovegro, Miazzina, Ungiasca, Cambiasca) ecc.) sostavano anche tutta la notte in attesa del proprio turno.
Le ruote dentate, di legno molto duro, erano azionate anticamente dall’acqua, e successivamente dall’energia elettrica, così come per i due mulini posti nel secondo locale. In essi veniva macinato di tutto: granoturco, segale, e castagne, risorsa importante del territorio, dalle quali si produceva farina ed anche un dolce (farcem).Sopra il torchio vi abitava il proprietario con la sua famiglia (fino ai primi anni ’70) e il terreno a terrazze che circondava il mulino, era coltivato ad orto, con un pollaio, un locale per i conigli ed un altro per i maiali. |
Bibliografia: | 1.
Biblioteca Alpina di Cossogno, Il mulino di Cossogno,
edizioni Verbania Documenti (VB/doc), aprile 2005, Verbania
|
|