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Il forte di Bara IL “Muntagnet” (207 mslm) è la punta che fa da base alla lunga cresta che dal monte Massone (2161 mslm) scende sino alla piana del Toce nel punto più stretto del fondovalle ossolano (700 m di distanza tra la punta del Muntagnet e le pareti dei Corni di Nibbio), nella stretta di Migiandone.
A partire dalla cresta del Massone, una lunga linea di trincee e camminamenti, rinforzate qua e là da postazioni in caverna per armi automatiche e da ripiani su cui riposizionare pezzi di artiglieria, scende sino a valle lungo la fiancata nord della cresta tagliandola. orizzontalmente a vari livelli.
Queste fortificazioni fanno parte del tratto centrale della Linea Cadorna che va dal Monte Rosa al monte Disgrazia (Sondrio). Il forte di Bara si trova sul Muntagnet e fa parte delle fortificazioni della Val D’Ossola. | Periodo ottimale per la visita: | Tarda primavera, estate ed autunno, salvo innevamento tardivo o precoce. |
Tasso di difficoltà | Escursione | Descrizione | |
Tempo necessario per la visita: | Dalla chiesa di Ornavasso al forte di Bara e ritorno: per fare il percorso e visitare le fortificazioni occorrono almeno tre ore. |
| Le trincee erano dislocate su tutto il percorso che sale verso il forte. Erano tutte servite da gallerie. |
| Panorama dal forte di Bara. Sullo sfondo il lago Maggiore ed il mont'Orfano. |
| Arrivando al forte di Bara. Si intravede il cannone. |
| L'accesso ad una delle gallerie di servizio alla trincee. |
Descrizione specifica del manufatto: | Nel 1985 il Gruppo Alpini di Ornavasso ha sistemato sia la mulattiera che le postazioni trasformandole, con un interessante lavoro di restauro, in un percorso escursionistico dando, così, un esempio di quello che può essere il futuro delle Linea Cadorna: il recupero di un patrimonio di storia militare valorizzandone, nel contempo, la viabilità alpina.
Un cannone di recente costruzione ed un cartello esplicativo, posti sul piazzale del posteggio, ci introducono alla mulattiera che sale con tornanti regolari. Dopo breve percorso si trova la prima trincea con una galleria biforcata che conduce a postazione per mitragliatrice ed alla bella trincea in pietre squadrate con poggia piedi e vani per riporre le munizioni. Con ampio semicerchio essa controlla la valle sia verso il lago che verso Domodossola.
La seconda trincea è sempre scavata nella roccia viva, anch’essa a semicerchio con una scaletta che porta ad un sentierino con il quale si raggiunge la terza trincea che segue in salita il versante nord.
Qui una galleria è chiusa da una frana. Ogni trincea ha uno sviluppo di 120 m.La quarta trincea la si raggiunge mediante una scaletta dopo alcuni tornanti di mulattiera. Al quarto tornante, salendo a lato sulla cresta, dopo un piccolo praticello vi è una
lunga galleria che esce sul fianco nord e un’altra trincea si sviluppa con due postazioni partendo da un sentierino segnalato. La mulattiera raggiunge il Forte di Bara costituito da una serie di terrapieni in pietre squadrate su cui era posizionata l’artiglieria che doveva formare lo sbarramento della stretta di Bara controllando la rotabile e la ferrovia. Vicino si trovano i ruderi di costruzioni che danno accesso al tunnel delle trincee. Dal Forte un’ampia strada militare riporta verso Ornavasso. Dopo circa trecento m , sulla destra della strada militare, una mulattiera risale tutta la cresta sino al Massone dove si trovano ridotte e trincee molto interessanti. Il percorso richiede, però, parecchie ore di cammino ed un piede sicuro a causa del sentiero, in alcuni punti degradato e invaso dalla vegetazione.
Continuando, invece sulla strada militare, nei pressi del Santuario della Guardia si possono visitare (chiedendo la chiave al Gruppo Alpini) i bunker con i loro cunicoli, ora ben ripuliti e forniti di illuminazione elettrica, che ospitavano una batteria di mortai da 210 e che sfruttavano, in parte, i ruderi sotterranei del “Castello della morte” appartenente ai Visconti del quale, però, non resta più traccia.Raggiunta la strada asfaltata che scende dal santuario del Boden si ritorna ad Ornavasso. |
Aspetti storici: | Durante la Prima Guerra Mondiale 1914 -1918, l’esercito italiano, pur impegnato a fronteggiare a est l’esercito austro-ungarico, costruì e presidiò un sistema di fortificazioni lungo il confine italo-svizzero, dal monte Bianco al passo dello Stelvio, considerando possibile un’offensiva tedesca da nord attraverso la neutrale Svizzera.Il punto più sensibile fu giudicato quello che va dal Monte Rosa (h. 4634 m) al Monte Disgrazia (h. 3678 m). a nord di Sondrio, e pertanto su di esso vennero concentrate forze, mezzi, armi e lavori lungo una linea che la voce popolare chiamò “Linea Cadorna” dal nome del comandante supremo generale Luigi Cadorna.
La costruzione delle fortificazioni in Val d’Ossola iniziò alla fine del 1915 e venne accettata con favore dalla popolazione della valle che ricavava a malapena di che vivere dalle poche industrie e dalla misera agricoltura montana. L’offerta, da parte del ministero della Difesa, di un lavoro fisso per due o tre anni e la promessa che pure la moglie e i figli avrebbero potuto guadagnare qualcosa lavorando come ausiliari per il trasporto dei materiali fece si che migliaia di montanari si presentassero per essere assunti.
L’esecuzione dei lavori venne affidata a tre ditte: la Roncoroni è la ditta che ebbe in appalto la fascia dal Monte Rosso a Cuzzago, Migiandone e la valle del Toce.
Tra manovali, muratori, scalpellini e carpentieri, a cui si aggiungevano donne e bambini tutta la montagna era un brulicare di gente. Esistevano anche alcune specializzazioni: i Walser di Anzola, ad esempio, erano i falegnami che costruivano le baracche in legno per gli operai che restavano a dormire sul posto; i ragazzini, invece, avevano il compito di correre da un cantiere all’altro muniti di borracce da 5 litri per dissetare i lavoratori. Essi dovevano anche contare i colpi delle esplosioni delle mine e, alla sera, andare a controllare se vi era qualche mina inesplosa saggiando i fornelli nella roccia con un legno che non costituiva pericolo.
Chi lavorava alla linea difensiva era esonerato dal servizio militare e perciò non rischiava la vita al fronte; pare che il generale Cadorna, nativo di Pallanza, abbia volutamente arricchito di opere non necessarie questo tratto di fortificazioni per migliorare la povera economia del suo paese e salvare la pelle ad un gran numero di conterranei.
Gli ultimi lavori eseguiti sul Monte Massone non furono finiti: il giorno dell’armistizio i cantieri vennero abbandonati e ingenti quantitativi di materiali rimasero sul posto. In meno di un mese venne tutto trafugato. |
Connessione ad altri temi: | Itinerari escursionistici.Storia della prima guerra mondiale.con particolare riferimento alla linea Cadorna. |
Bibliografia: | Viviani A. – Corbella R.
La Linea Cadorna:Val d’Ossola –Lago Maggiore – Val d’Intelvi – Lago di Como – Valtellina
Macchione Editore – Azzate (VA) – Agosto 2000. |
| A cura di: Ramoni Carlo | |