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Le ottantadue colonne della Basilica di San Paolo Dall’inizio dell’escavazione e lavorazione sistematica del granito Bianco del Montorfano, generazioni di scalpellini, a costo di sacrifici immani, grazie anche al contatto con diverse committenze, hanno via via affinato un patrimonio di tecniche e di gusto (oggi diremmo uno “know how”) che, unitamente alle caratteristiche del granito stesso, hanno “portato” il piccolo Montorfano nel mondo.
Una delle opere più famose sono le ottantadue gigantesche colonne della Basilica di San Paolo Fuori le Mura a Roma, la cui realizzazione è cominciata nel 1827. Per rendersi conto dell’eccezionalità complessiva dell’opera basti pensare che le colonne, realizzate con il granito estratto dal Montorfano venivano trasportate per via d’acqua a Milano, dove venivano rifinite e lucidate e poi, sempre per via d’acqua, circumnavigando l’Italia venivano portate a Roma. Inoltre, come cita il Galloni (1988 cfr. bibliografia):”Basterà ricordare che le colonne dell’Arco trionfale costituiscono i blocchi più grandi di granito che siano mai stati messi in opera dopo la caduta dell’impero romano”.
Nella nostra zona è possibile vedere due delle colonne che dovevano essere destinate alla Basilica ma che, non rispondendo ai requisiti necessari, sono state collocate una presso il porto vecchio di Verbania Intra (diventando ben presto “la culona dul port”: un simbolo per quella comunità) e l’altra è stata rizzata in piedi nell’area “Cavadonna” sul lato sinistro poco oltre l’imbocco della carrozzabile che porta alla frazione Montorfano di Mergozzo.
| Periodo ottimale per la visita: | Tutto l’anno. |
Tempo necessario per la visita: | 1 ora (per i reperti in loco). |
| Colonna originariamente destinata alla Basilica di San Paolo fuori le mura di Roma. Successivamente è stata scartata e oggi si trova all'imbocco della strada carrozzabileper Montorfano di Mergozzo. |
| Il Montorfano con le cave. |
| Il Toce al suo ingresso nel lago Maggiore. |
Descrizione specifica del manufatto: | La storia della Basilica di San Paolo Fuori le Mura in Roma è più che millenaria. Si tratta della più grande chiesa della cristianità antica. Subì attraverso i secoli diversi disastri, dai saccheggi ai terremoti ma, grazie ad una serie di interventi successivi, all’inizio del XIX sec. era divenuta un vero gioiello. Un terribile incendio iniziato la notte del 15 luglio 1823 e protrattosi per parecchi giorni la distrusse completamente. Papa Leone XII volle subito la ricostruzione della Basilica ed insediò subito una commissione apposita. Per le esigenze del colonnato, questa commissione prese in esame diversi graniti: oltre a quello Bianco di Montorfano (detto allora “del Sempione” ) anche quelli dell’Isola d’Elba, della Corsica e dell’Isola del Giglio.
Il lavoro della commissione, che nominò anche esperti del settore, fu accurato non soffermandosi solo sulle caratteristiche estetiche di esigenza di uniformità del materiale, ma anche esaminando la potenzialità delle cave di dare tutti i blocchi delle dimensioni richieste. Solo il granito del Montorfano rispose adeguatamente a tutte le caratteristiche richieste.
Galloni (1988 cfr. Bibliografia) riporta integralmente quanto scritto dal Prof. Pietro Carpi, docente di mineralogia dell’Università di Roma e membro della commissione tecnica: “Il granito scelto per le colonne della Basilica di San Paolo proviene dalle cave di Montorfano situate presso il Sempione, per cui è conosciuto sotto il nome di granito del Sempione. Presenta questo granito una tinta bianca e bianco grigiastra, con macchie nere più o meno grandi, e disposte irregolarmente: apparitene perciò a quella specie che chiamasi granito bigio, e granito bianco e nero. E’ formato di quelle medesime sostanze che entrano nella composizione di tutte le pietre di questo genere, cioè di feldspato, quarzo e mica; a cui si unisce talvolta in qualche parte anche un poco si orneblenda. Ha un tessuto lamellare, una lucentezza cristallina, ed acquista con la lavorazione un bel pulimento. Queste qualità lo rendono molto somigliante al granito bianco e nero proveniente una volta dall’Egitto, di cui esistono molti saggi fra i monumenti che ci restano dell’antica Roma“.
Le colonne venivano caricate su chiatte che, attraverso il Toce (relativamente vicino alla cava del Sig. Fedele De Giuli, fornitrice di tutte le colonne, oggi ancora attiva e denominata “Cavadonna”), il Lago Maggiore, il Ticino e il Naviglio Grande e il Naviglio della Martesana raggiungevano Milano dove presso gli stabilimenti dell’intraprendente Nicola Pirovano venivano rifinite e fusate ad arte. Nuovamente ricaricate su chiatte, attraverso il Naviglio Pavese, il Ticino e il Po raggiungevano Venezia dove venivano caricate su navi pontificie.Queste ultime circumnavigavano l’Italia e passando attraverso lo Stretto di Messina giungevano alla foce del Tevere che risalivano fino alla Basilica. Considerando le possibilità tecniche di allora, si può facilmente immaginare quanto difficile fu quest’impresa delle colonne, dall’estrazione dei blocchi alla posa in opera dei manufatti completi, che, solo per il trasporto necessitavano di almeno quattro mesi, con punte di un anno, in dipendenza delle diverse condizioni dei tratti di navigazione.
Vale la penda di ricordare le dimensioni eccezionali delle colonne monolitiche:
- le due colonne dell’Arco trionfale sono alte ben 14,50 metri con una circonferenza di base di 4,60 metri (con una massa stimabile di oltre 62 tonnellate!)
- le ottanta colonne delle navate sono alte 11 metri con una circonferenza di base di 3,50 metri (con una massa stimabile di quasi 28 tonnellate).
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Bibliografia: | AAVV, Ossola di pietra nei secoli, Antiquarium Mergozzo
GALLONI E., Le colonne di granito di Montorfano della Basilica di San Paolo Fuori le Mura, ANTIQUARIUM di MERGOZZO, 1988.
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| A cura di: Claudio A. Vicari | |